Chiamatemi Gianluca. Ho quarant’anni, sono padre di due figli, marito di una moglie, ricercatore universitario in filologia italiana. Tre cose notevoli che ho fatto nella mia vita: ho vissuto sei mesi in una favela brasiliana, ho fatto appassionare mio figlio al Mahabharata, e un po’ di tempo fa ho pubblicato uno strepitoso poema in endecasillabi – Vanitas – che non è stato letto da nessuno. Sono un lettore esigente: Tolstoj mi annoia, l’Ulisse di Joyce carino, ma niente a che vedere con Horcynus Orca; Virgilio era un pedante (lunga vita a Ovidio), e chissà perché nessuno, ma proprio nessuno, conosce quel gioiello medievale che è Flamenca. Il mio lavoro mi appassiona: analizza le glosse manoscritte ai manuali cinquecenteschi di grammatica italiana, per capire come gli studenti dell’epoca imparavano la lingua. Tra i miei tanti scheletri nell’armadio, quello di cui più mi vergogno: una volta ho assaggiato una pizza con quattro formaggi e ananas, e l’ho trovata buona.